Ho iniziato a soffrire gravemente di depressione intorno ai 27 anni circa. Allora frequentavo la scuola di giornalismo.
Il mostro – la chiamo così da tempo, questo schifo di malattia – si è presentato all’improvviso, un pomeriggio, ben camuffata. Ho iniziato ad avvertire forti giramenti di testa e una terribile debolezza. Sarà un calo di pressione, pensai istintivamente. Domani sarà tutto passato. Invece andava sempre peggio, fino a che una sera la temperatura è schizzata sui 38 gradi, dopo di ché sono stata a letto quasi un mese. Non accettavo che si trattasse di depressione, come mia sorella Claudia, mio alter ego, cercava di farmi capire, facendo pressioni per portarmi dallo psichiatra che aveva in cura mamma ed anche lei. Alla fine ho dovuto cedere, perché nonostante la mia ignorante ostinazione nel voler farcela da sola, non mi riprendevo in alcun modo.
Successivamente ho studiato tanto l’argomento, scoprendo diverse cose che avrebbero dovuto quanto meno attenuare i sensi di colpa per il fatto di non farcela da sola. Il primo centro del cervello ad essere intaccato, durante un episodio depressivo, è quello della volontà. Dunque, l’errore in cui più comunemente si incorre, il tentare, con la forza di volontà, di avere la meglio su questa malattia, è semplicemente frutto della più totale ignoranza in materia. E’ come tentare di alzarsi dal letto e fare una passeggiata quando si ha la febbre a 40.
Tornando alla mia storia, piano, ma molto piano, allora mi sono ripresa più o meno, anche se poi c’è stata l’anoressia, la mancanza del ciclo per 5 anni e poi riprese e ricadute continue, esasperanti, queste ultime, perché ogni volta è peggio, ogni volta la vivo come una sconfitta peggiore della precedente.
Adesso ho imparato a convivere con il mostro. Il più delle volte lui non c’è, ma quando si presenta, ho gli strumenti per affrontarlo.
La crisi peggiore l’ho avuta durante l’estate scorsa, dopo la malattia fulminea e la morte di mio padre. Non volevo più vivere.
Ora sto bene e sono piena di entusiasmo, di progetti, di speranze per il futuro.
Quando il mostro si ripresenta, continuo a sentirmi in colpa, ma ora so che è una conseguenza della malattia stessa, dunque non faccio che combatterlo fino ad eliminarlo.