La società dell’inquietudine
1 Novembre 2015Inquietudine: il termine proviene dal latino inquietudo. Il vocabolario Treccani porta, tra i significati, stato d’animo turbato, senso di ansia provocato da incertezza, timore, preoccupazione ed anche stato d’insoddisfazione, di intimo travaglio.
Ci hanno insegnato, sin da piccoli, che saremmo dovuti crescere, crearci una professione o, quanto meno, trovarci un’occupazione, sposarci e mettere su famiglia. Mai come in questi decenni tutto ciò risulta estremamente complicato.
Dati alla mano, la disoccupazione continua a rappresentare un grosso problema per il Paese, mentre continuano ad aumentare i single ed a diminuire le nascite. A questo aggiungiamo che, sempre secondo dati Istat, una coppia su quattro scoppia “ufficialmente”, senza considerare quelle che non lo fanno per motivi economici, religiosi o, semplicemente per retaggio culturale troppo rigido.
Direi che non è un bel quadro. Direi, anzi, che è la fotografia di una società malata ed appunto inquieta. Una società in cui gli equilibri sono completamente saltati per aria e le regole ormai sovvertite.
L’inquietudine credo sia, paradossalmente, conseguenza e causa di tutto ciò. Non si può costruire una relazione di coppia senza un po’ di serenità interiore, che ormai è come un pozzo nel deserto. Entrambi i soggetti, o anche solo uno dei due, alzano barriere d’incomprensibile ostilità, per paura, debolezza, timore di mostrare la propria fragilità. Ed ecco che la difficoltà di creare una vita di coppia prima ed una famiglia dopo aumenta sempre di più.
Il risultato ce lo abbiamo attorno, tutti i giorni. Una società perennemente insoddisfatta, dove la solitudine la fa da padrona ed il fulcro dei sentimenti, quelli autentici, diventa sempre più spesso rintracciabile solo nei romanzi.
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