Eutanasia, chi ti ama ti lascia andare
29 Dicembre 2015Eutanasia. “Vorrei dirle che non riesco a muovere un arto, che non sento il corpo, ma non riesco a muovere neanche le labbra. La vedo, mia sorella, l’espressione sempre più delusa, prostrata, disperata, ma non so come fare ad aiutarla, a sollevarla, a farle capire che non mollo e che alla fine ogni cosa andrà al suo posto.
“Signora, per favore – dice il dottore, quando arriva, dopo un lasso di tempo che non so definire – può andare fuori gentilmente”
“Sì, certo, vado – dice mia sorella – ma perché non parla, non si muove” la voce si soffoca ad un certo punto e il dottore risponde: “Ora vediamo cosa succede. Vada ora, per cortesia, a tra poco”.
Se riuscissi a parlare gli direi come si permette di cacciare fuori mia sorella, io la voglio qui, non vorrei nessun altro ma lei si siamo la stessa persona io sono Azzurra e lei è me.
In camera restano lui, un uomo sui cinquanta, neanche brutto, brizzolato, occhiali che si vedono appena, viso regolare, gradevole, non fosse per il romanaccio che emette quando parla. Lui e un’infermiera, magra come un chiodo, avrà trent’anni o qualcosa del genere, bionda tinta, viso dolce, naso rifatto, unghie tremende, lunghe e laccate di un fucsia inguardabile. Lui mi si avvicina con una lucetta che mi punta dritta sull’occhio destro.
“Signora, può sentirmi” dice. Sento il suo alito gradevole. E’ un fumatore – il che non mi disturba, non so che darei per fumare adesso – ma si sente il fresco di un dentifricio usato da poco o una mentina.
Vorrei dirgli la sento benissimo, ma non riesco a emettere nemmeno un sibilo.
Lui sposta la luce sull’occhio sinistro, poi me li manipola un po’ credo, perché vedo che le sue mani stanno qualche minuto intorno ai miei occhi. Poi si sposta e non riesco più a vedere che fa. Non posso neanche muovere le pupille.
“Niente – dice lui – non ha reattività. Per ora dobbiamo solo aspettare”
“Mi dispiace – dice l’infermiera – ci avevo tanto sperato. Povera ragazza”
Escono, sento chiudere la porta. Povera ragazza lo dici a qualcun altro. Ma lo sai chi sono io, lo sai la forza che ho, lo sai quante ne ho passate e quante volte ho toccato il fondo e poi mi sono rialzata”. Da “Senza parole” (“Una finestra sul mondo”)
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