Una speranza al patetico destino dell’uomo
4 Gennaio 2016“Una finestra sul mondo”, dodici racconti che si leggono d’un fiato
di Ercole Macrì
da “La Riviera” del 3 Gennaio 2016
Danila Santagata è più e più volte maestra: ama insegnare, ama spiegare, ama far comprendere, perché sa che oltre le nozioni e le regole, la scrittura creativa e quella brillante ( che dio ce ne liberi), ci sono le storie di ognuno di noi… e c’è il mare. C’è spesso il mare in “ Una finestra sul mondo” della Santagata. Nei dodici racconti, lungo e attorno una raccolta che si legge d’un fiato, una brezza malinconica, quasi uno zufolare tra le onde buie, paradossalmente, dà speranza al patetico destino dell’uomo, a storie speciali senza lieto fine. C’è il mare (lo Jonio senza vele Achee?) nell’indifferenza, nello squallore, dove la pietà è morta. Nel leggere avidamente questa serie di racconti mi è venuto in mente Milan Kundera con il suo Valzer degli addii. Lo so, tutto è diverso tra i due autori e le loro opere, ma non è forse vero che nel libro appena citato ci sono descrizioni di luoghi e persone, amori ridicoli; c’è una luce seppiata, c’è una luna stanca che si alza, osserva, se ne va e se ne fotte della sofferenza là sotto, anche di quella del più grande che l’autrice pone in fronte a ogni cosa: un padre, il colosso che lotta, si aggrappa, molla e, pesante di bagaglio, non si rialza più. Come Dino, poco prima, discende sotto terra, entrambi faraoni senza mito o dipinti a olio che li tramandano. Racconti di marmo, luce fredda, sottoscala; nel pianto freddo di Danila Santagata c’è uno stridulo di chitarra elettrica distorto dal mixer nel sound check; nel pianto dignitoso e soffocato dei personaggi di questa autrice calabrese, ogni emozione viene tolta dalla banalità e collocata in una dimensione più alta. Dietro ogni bozzetto, affreschi, ritratti, c’è sempre una vasta e complessa tela che mi fa affermare, in conclusione, che il libro “Una finestra sul mondo” non ha bisogno di violini in sottofondo né di colonne sonore.
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