Depressione, le conseguenze sull’amore
1 Febbraio 2016Spesso il sentimento troppo forte induce la persona che soffre di depressione a staccarsi da chi tale sentimento lo genera. E’ la paura ad avere la meglio.
L’amore eterno esiste? E’ una domanda per la cui risposta ci vorrebbe un trattato di mille pagine almeno.
Voglio parlarne, però, oggi, perché ho ricevuto una mail in cui mi si racconta una storia che avrebbe dell’incredibile, non fosse per il fatto che viviamo semi intrappolati in regole rigide di una società, che, però, sembra non funzionare affatto.
La mail mi è stata scritta da uno dei due protagonisti di questa vicenda, che mi chiede consiglio, aiuto, facendomi, oltre tutto, sentire onorata per la fiducia che mi dà.
Lo chiameremo Paolo, mi ha chiesto di rimanere anonimo. Paolo s’innamora perdutamente di… la chiameremo Cecilia, in un arco di tempo non brevissimo, ma neanche troppo lungo. Nel giro di tre mesi fra i due nasce una sorta di simbiosi: si comprendono al volo, senza parlare, ridono delle stesse cose, hanno molti interessi in comune e, soprattutto, una grande attrazione reciproca. Entrambi hanno problemi della sfera psichica ed entrambi sono sotto cura, Paolo solo farmacologica, Cecilia, che soffre di depressione maggiore episodica, ha necessità di un potente supporto farmacologico e di costante psicoterapia. Con la vicinanza di Paolo, la donna riesce a stare molto meglio. Paolo soffre di disturbi ossessivo-compulsivi. Anche lui trae grande beneficio dalla relazione con Cecilia.
Paolo è sposato ed ha una bambina, che ama più della sua stessa vita. Nonostante ciò, ama Cecilia senza reticenze, continuativamente, anche quando, per vari motivi, devono separarsi fisicamente.
Improvvisamente, in lui, dopo circa due anni, in concomitanza con la sospensione della cura farmacologica, subentrano i sensi di colpa, non nei confronti della moglie, ma della figlia. Paolo ne parla a Cecilia, le dice che , quando guarda sua figlia, si sente male. Si sono ripresentati gli attacchi di panico. Alla luce di questo, entrambi decidono che è meglio per tutti interrompere la loro relazione.
Ora vivono questo sentimento, che, anziché scemare, forse è aumentato, dice lui, ognuno per conto proprio. Cecilia è single. Ha partner occasionali. Ma niente interferisce nel rapporto con Paolo, che spesso continua a sentire. Lei, racconta Paolo, vive in una continua frustrazione, esattamente come lui, che tenta di fare il marito e padre ideale con poco successo.
Infelice lui. Infelice lei. Probabilmente infelice sua figlia, che, da adulta, comprenderà molte cose che già, a detta di Paolo, mostra di percepire.
In base alla mia esperienza ed alla psicoterapia che seguo da circa sedici anni, penso che i disturbi di Paolo siano legati strettamente al rapporto con Cecilia, alla sospensione delle cure e certo non ai sensi di colpa: per la prima volta si sente davvero coinvolto ed innamorato di una persona, tanto da temere di perdere il controllo.
Non mi ritengo all’altezza di dare consigli, ma a Paolo ho risposto, suggerendogli, anzitutto, di riprendere le cure e di iniziare un percorso psicoterapeutico serio. Ho tentato di spiegargli questo meccanismo della paura, di cui molte delle persone affette da questi disturbi sono vittime, ma credo non sia di facile comprensione. Per il resto, non mi è sembrato il caso di suggerirgli di lasciare la sua famiglia, di tornare con Cecilia, niente di tutto questo. Sarà lui a prendere le giuste decisioni, nel momento in cui tornerà a star bene con la testa.
Certo, se le cose resteranno come sono, la vita di troppe persone sarà interessata da infelicità e insoddisfazione e questa storia potrebbe finire con la frase: e vissero tutti infelici e scontenti.
L’augurio è che le giuste cure portino Paolo a ragionare lucidamente e che la storia possa concludersi più degnamente.
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