Addio signor Presidente
1 Gennaio 2015Non erano passati neanche due minuti da quando Napolitano aveva iniziato il suo nono discorso da presidente della Repubblica, che già su Facebok si leggevano frasi come “Non ti vergogni di fare gli auguri agli italiani? Mafioso! (testuale).
Tentando di non cadere nel populismo estremo, cerchiamo di capire se qualcosa di serio, tra le tante ovvietà, quest’uomo che sta per lasciare la presidenza della Repubblica italiana, l’ha detto.
“L’elezione del nuovo capo dello Stato sarà una prova di maturità e responsabilità nell’interesse del Paese. Parlamento e forze politiche si preparino serenamente alla prova”. Tanto di cappello, signor presidente, ma, a suo pensare, che utilità può avere un discorso del genere per chi, come la massaia che prepara il cenone, o l’operaio che si appresta a mettersi a tavola, o il ricercatore che non ha lavoro perché questo Paese a gente come lui proprio non ci pensa?
Ed allora re Giorgio tira fuori dal cappello magico un argomento che, a suo dire, coinvolge tutta la società civile, quanto lo Stato e le forze politiche: la bonifica del sottosuolo marcio e corrosivo della nostra società e la lotta alla corruzione.
Ma come, mi scusi, Presidente, se il civile denuncia e lo Stato, forze politiche tutte compatte attorno ad esso, fanno di tutto per nascondere il marcio che viene fuori?.
Menomale che aggiunge che “solo riacquisendo intangibili valori morali la politica potrà vedere riconosciuta la sua funzione decisiva”.
Mi perdoni ancora presidente, ma come si fa perché ciò avvenga? Radiamo al suolo i palazzi di Camera e Senato, con tutte le persone che ci stanno dentro e ricostruiamo edifici magari meno sfarzosi, che non sarebbe affatto male, e diamo le tanto ambite poltrone alla gente della società civile, così, a caso? Ma mi faccia il piacere, presidente
Intanto, seduto al suo tavolo di lavoro, con un bicchiere d’acqua alla sua destra e, alle sue spalle, tavolo intarsiato in oro, pregiato arazzo alla parete e tanto altro sfarzo da poter sfamare un’intera città si accomiata dagli italiani per l’ultima volta dal saluto di fine anno, dopo aver invitato la “comunità nazionale” a mettercela tutta. “Ciascuno – ha detto – faccia la sua parte al meglio”.
Noi, caro presidente, persone oneste e lavoratrici, la nostra parte la facciamo. Restano numeroso dubbi sulla classe politica e lo Stato in sé
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