George Michael, talento ucciso dalla depressione
2 Gennaio 2017George Michael si è suicidato. Era in depressione da tempo. Il fidanzato della pop-star: “L’unica cosa che voleva George era morire”. “Ha provato ad uccidersi molte volte”. “E alla fine ci è riuscito“
La notizia della morte prematura di George Michael aveva lasciato il mondo intero sorpreso e addolorato; non consideriamo, perché non degni di nota, i commenti di “quelli che sanno sempre tutto”, per dirla con Dostoevskij ed avevano gettato le loro sentenze, del tipo “se l’è cercata, era un tossico, un alcolista” e roba varia.
Ciò che si è appreso più di recente, grazie alle testimonianze del fidanzato del cantante, il parrucchiere delle star, Fadi Fawaz, che fa pensare molto chiaramente all’ipotesi suicidio, se da un lato ci sconvolge ancora maggiormente, deve farci riflettere. E non poco.
Alcune fonti sostengono che George Michael fosse da qualche tempo depresso a causa delle condizioni della sua voce che, in seguito ad una polmonite contratta nel 2011, non era più quella di una volta.
Sempre che di suicidio si sia trattato, perché la causa della morte della pop-star di fama mondiale non è ancora certa, c’è da riflettere seriamente sul fatto che contro la depressione, quella che io chiamo “il mostro”, nessuno può vincere da solo, neanche un uomo di successo, con un patrimonio di milioni di dollari.
La depressione uccide, se non curata. Il mostro non guarda in faccia niente e nessuno, si insinua subdolamente devastando la vita delle sue vittime. Il mostro supera qualunque ricchezza, va al di là di ogni forma di potere o successo. E’ una sorta di nube nera che avvolge la persona interessata, facendola sentire fuori dal mondo e senza via di scampo: una condizione in cui vivere diventa complicatissimo.
Le cure esistono, non mi stancherò mai di dirlo, perché non si tratta di un comune stato di malinconia, di tristezza, come molti, fortunati, non capiscono e mai capiranno.
E’ una durissima lotta, ma se si ha la forza di combatterla con l’aiuto di specialisti seri e dei farmaci, quando necessario, se ne può riuscire o, quanto meno, imparare a conviverci.
Chi scrive, è un esempio vivente di ciò. L’ho detto, l’ho scritto e lo ripeto: se non fosse per le cure farmacologiche e, soprattutto forse, per il supporto psicoterapeutico, a quest’ora non sarei più su questa terra.
Forse il primo passo da cui partire è il superamento del pregiudizio, della vergogna: la depressione non è un capriccio, è una malattia vera e propria e, come il diabete o il cancro, se la curiamo, possiamo tenerla sotto controllo, anzi, nella maggior parte dei casi, è possibile uscirne definitivamente.
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