Maria D. con… turbante. Quando la forza di una donna vince sulla realtà
2 Dicembre 2018L’ho ritrovata donna, bella, forte, piena di coraggio. Ho conosciuto Maria D. quando ero appena una ragazzina, lei una bimba. Indifesa, innocente, dolce.
Dolce è rimasta, anche da adulta, ma intensa e vivace come solo una donna può essere. Ho avvertito subito il suo spirito positivo.
Poi, a distanza, temporale e fisica, vengo a conoscenza della sua malattia. Me ne rammarico con tutto il cuore. Lei, però, la sua forza di donna, la sua vitalità, combattono contro l’orrore della vita fino a vincere. Senza mai, in apparenza, soffrire per doversi coprire la testa, senza capelli, senza dare esternamente segni di cedimento alcuno: Maria D., un esempio per me e credo per chiunque la conosca.
Quando ho iniziato a lavorare a questo quadro, non sapevo bene cosa avessi in testa. Man mano, poi, che le linee si definivano, è stato più forte di me: ho pensato a lei. Ed ecco il motivo del turbante, ecco perché il titolo: conturbante. Perché Maria D. è l’esempio vivente della forza femminile, quella forza che tutte le donne dovrebbero avere, perché Maria D. è di una bellezza rara, che non sono riuscita a rendere nell’opera. Bella fuori, quanto dentro.
E, se la malattia a volte diviene una prigione, Maria D. è la dimostrazione vivente di quanto l’equilibrio e la forza vitale possano vincere contro qualunque male.
E quell’appiglio alla vita, che, secondo Philip Rhot, chiunque su questa terra avverte, almeno una volta, purché non si trovi ricoverato, in stadio terminale, nel reparto oncologico di un ospedale, quell’attaccamento alla vita ha consentito a Maria D. di andare avanti. A lei, come ad altre migliaia di persone, donne soprattutto, perché il cancro non è la sola malattia che ci lascia prive di capelli…
Questo quadro è un misto di realtà e sogno. La donna, priva di capelli, tanto da doversi coprire con un turbante, è, per un verso, malinconica, rassegnata quasi. Euforica e sognante per altro verso, tanto da immaginare i suoi capelli, che svolazzano tra le pieghe delle stoffe… Già, perché se anche viene meno la forza, noi donne troviamo riparo nei sogni o anche nell’attaccamento alle piccole cose del quotidiano. Non è rassegnazione, è la ragione per cui andiamo avanti.
“Si straziò e pianse all’inizio,
per poco non divorziò dal marito;
poi si occupò dell’amministrazione,
si abituò e si accontentò.
L’abitudine ci è data dall’alto:
sostituisce la felicità”.
Così Puškin, riprendendo una frase dal romanzo «René» di Chateaubriand. La versione originale recita: “Se avessi la stoltezza di cercare ancora la felicità, la cercherei nell’abitudine”.
Carboncino, creta, pastello e gesso su tela 35 x 50
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