Libri. Qualcosa di superiore, un amore sconfinato tra padre e figlia
5 Luglio 2021Pubblico un racconto del mio ultimo libro, cui tengo particolarmente perché è dedicato a mio padre.
Il bacio del buongiorno
Apro gli occhi, intontita, come se il cervello si rifiutasse di funzionare. Ho preso più calmanti del solito. Non capisco dove sono, se a casa, a Roma, a Locri, da mamma e papà, o altrove. Dalla persiana entra una insolita luce, quasi surreale, che dà sul rosa. Poi realizzo, sono a Locri, a casa di mamma e papà. Mi alzo, carica di entusiasmo, vado in bagno a fare pipì, la luce rosa mi segue e lo fa anche quando vado giù, in cucina, per la colazione. Al tavolo della cucina trovo solo papà e la luce rosa che entra da tutte le persiane. «Buongiorno» dico a papà, «tutto bene, hai già preso il caffè, dov’è mamma?». «Gioia, una domanda per volta. Tutto benissimo. Non ho bisogno del caffè. Tua madre sta ancora dormendo». «Sei abbastanza sveglio perché possa farti alcune domande?». «Sempre, gioia, dimmi. Chiedi». «Come stai?». «Non credo di essere mai stato meglio». «Pensi che sia stata una follia da parte mia lasciare il lavoro che avevo, alla Camera?». «Penso che sarebbe stata una follia continuare su una strada che ritenevi sbagliata. Penso che la vita vada vissuta momento per momento, goduta fino in fondo. Il lavoro è una delle componenti fondamentali dell’esistenza. Fare un lavoro frustrante equivale ad avere una vita frustrante. E tu non la meriti. Alla tua età poi, hai solo quarant’anni e tutta la vita davanti». «Perché allora tutti continuano a esprimere giudizi gratuiti su dime, non richiesti?». «Gioia, la gente è così. La gente giudica, ma tu non devi deragliare dai tuoi binari per qualunque cosa ti venga detto». «Fatto sta che ancora non guadagno un centesimo». «I soldi». Silenzio. «Quella è l’ultima cosa a cui devi pensare. Fai il tuo lavoro con la serietà e l’impegno con cui lo stai già facendo. La fatica premia sempre. Il coraggio paga sempre. E comunque ancora non mi hai dato il bacio del buongiorno». Gli do un bacio, sulla guancia destra, quella un po’ più piena. È fredda stamattina e non è morbida come al solito. «Sei sicuro di stare bene, papà?». «Benissimo ti ho detto, gioia, stai tranquilla per me. Io proprio devo essere l’ultima delle tue preoccupazioni». «E riguardo agli uomini, papà, cosa ho che non va? Perché alla fine va sempre male? Cosa c’è in me che non funziona?». «Sei sicura che sia in te quel qualcosa che non funziona? Non hai mai pensato che possa essere negli altri, in queste specie di ominicchi che ti trovi e non ti stanno dietro? L’ultimo, prendiamo il bifolco di Palinuro. Come pensavi di condividere la tua vita con un uomo che pensa solo a fare soldi. Noi siamo di una pasta diversa. Siamo poeti» sorride, «per noi i soldi sono un mezzo, non un fine». «Papà, alcune volte ho paura di non farcela». «In che senso?». «In tutti i sensi. Vorrei addormentarmi e non svegliarmi mai più». «E tutti i tuoi progetti, tutto quello che hai ancora in mente di fare? E tua madre, le tue sorelle?». «Lo so, lo so». «Non devi dirmi “lo so” come ai cretini, o alle persone che ti sono indifferenti. Devi crederci. Devi trovare la forza di realizzarti in tutto quello che vuoi. Gli uomini, gioia mia, te l’ho detto sempre, vengono, vanno. Ci sono ma possono anche non esserci». «Ecco, dillo a mamma per favore, che mi dà il tormento».
«Tua madre. Lo sai com’è fatta. Lasciala parlare, deve sfogarsi. Se non ha problemi, se li inventa». «Papà, ma io certe volte non sopporto proprio più il fatto di essere contestata su tutto e da tutti. Quanto bevo, quanto mangio, quanto lavoro». «Beh, su questo lo sai che cosa penso: tu mangi poco e bevi troppo. Ma sai che ti dico? Dove c’è gusto non c’è perdenza. Ho passato due anni della mia vita facendo diete aproteiche del piffero. Non pensi che avrei fatto meglio a mangiare tutto quello che mi andava?». «Sì».
Silenzio.
«La vita a volte si prende gioco di noi» dico. «E noi non dobbiamo lasciarglielo fare». «Papà, io vorrei che mi guidassi, in tutto, che mi aiutassi in tutto quello che sto facendo e progettando e in quello che non sto facendo. Non sono stata capace di darvi neanche un nipotino». «Gioia mia, intanto sei una donna, non hai bisogno di me, l’hai ampiamente dimostrato e poi devi imparare a perdonarti. Altrimenti non vai da nessuna parte». «Ma come? Come faccio a perdonarmi di aver ammazzato mio figlio quando avevo trent’anni. Come, papà?». «Pensando che hai fatto la cosa giusta. Intanto non hai ammazzato nessuno. Quella era solo una piccola cellula. Ma poi non era il momento, non era l’uomo giusto. Hai fatto la scelta più responsabile che potessi fare». «E i libri, papà? Sto facendo una follia a investire dei soldi nella campagna pubblicitaria per questo libro? Dimmelo. È una pazzia». «Gioia, niente di ciò che ci aiuta a realizzare i nostri sogni è follia».
«Il lavoro costante forse sarebbe bastato, tu me l’hai sempre detto». «Forse. Ma forse mai nessuno si sarebbe accorto di te. E poi tu adesso stai facendo un tentativo. Stai giocando una carta. Se vinci, benissimo, altrimenti pazienza. Supererai questa partita persa come hai superato tutto. E a volte mi sono chiesto dove trovassi la forza, tu, piccolo scriccioletto di quaranta chili, di sopportare cose troppo pesanti per chiunque. E comunque, non mi hai ancora dato il bacio del buongiorno».
Sorridiamo entrambi.
«Ma sì che te l’ho dato».
«Sulla guancia destra e qui» dice, mettendosi il dito indice sulla guancia sinistra.
Mi avvicino. Appena sfioro quella guancia con le labbra, una sensazione di gelo mi paralizza, mentre la luce rosa si fa sempre più fioca per poi scaraventarmi nel buio totale.
Mi sveglio fradicia di sudore, ma con addosso ancora la sensazione di freddo da un lato e conforto dall’altro.
Ci metto qualche istante a realizzare. Ciao papà. Se solo fosse vero.
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