Aborto. Francesco, il Papa misericordioso
22 Novembre 2016Aborto. Papa Francesco Bergoglio apre al perdono
Nessuna donna che interrompe volontariamente una gravidanza potrà mai perdonarsi e vivrà per sempre straziata dal dolore, portandosi dietro un enorme senso di colpa e il lutto nel cuore.
Da oggi, però, queste donne riceveranno, se non altro, il perdono da qualunque sacerdote. E non è poco. Questa è la vera misericordia di Dio, che si abbia fede o meno. Questo è lo spirito rappresentato sulla terra da Papa Francesco, il primo nella storia, ad interpretare alla lettera la parola del Signore e metterla in pratica.
Un brano tratto dal mio primo libro “Dal suo punto di vista”
Dopo i primi momenti di confusione, il pensiero che finalmente è tutto finito. Poi, la realtà sbattuta addosso, tutta in una volta: finito vuol dire finito, inesorabilmente concluso. Quel che è fatto è fatto, che sia giusto, sbagliato, mostruoso o liberatorio. Comunque sia, è fatta e non si torna più indietro. Mi assale una tale angoscia, che, quando inizio a sentire i dolori alla pancia, come delle contrazioni, mi sento sollevata: forse il dolore fisico può giustificare le lacrime che escono da sole e non riesco a fermare, e forse può occupare per un attimo il cervello. Forse.
Mentre Azzurra chiama l’infermiera chiedendole di fare qualcosa per quei dolori, mi distraggo per due o tre minuti, poi un dolore diverso, quello che proprio non si può sopportare, quello che non si placa con una flebo, torna prepotente in primo piano.
L’effetto dell’anestesia, non del tutto smaltita, interviene in mio aiuto, mi addormento rifugiandomi in un luogo dove tutto è normale, dove questa storia non è mai iniziata, dove non ci sono ospedali, infermiere, aghi, dove non c’è Lorenzo.
Lo vedo davanti a me quando mi sveglio: sono circa le undici, i dolori sono notevolmente diminuiti. Azzurra mi spiega che l’infermiera avrebbe inserito nella flebo un antidolorifico se non si fossero calmati, “ma poi ti sei addormentata. Ora come va”.
“Meglio, meglio, molto meglio”.
Il dolore adesso è sopportabile, il torpore si è allontanato, quello fisico e quello mentale, lasciandomi in balia di una specie di semilucidità che da un po’ di tempo fa parte del mio carattere. Il cervello ha creato la solita patina che da qualche anno a questa parte produce in mia difesa come a filtrarmi i problemi. Ora riesco a sopportare la realtà, quello che vivo adesso, tutto l’orrore che è stato e quello che mi aspetta. Sopportare significa che posso trattenere il pianto ed evitare di urlare a squarciagola, perché queste sono alcune delle cose che istintivamente farei, credo.
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