Alessandra Appiano, la depressione uccide ancora
5 Giugno 2018Alessandra Appiano, scrittrice e giornalista, volto televisivo di opinionista, è morta la scorsa domenica, a 59 anni compiuti da poco. Sempre sorridente, non sarebbe stato fuori luogo definirla l’espressione della felicità, per l’empatia, la dolcezza, la solarità che trasmetteva. Eppure, evidentemente, un dolore le lacerava il cervello, in modo talmente pesante da non esserle più sopportabile.
Che la Appiano si sia suicidata è certo, tutto il resto rimane nella totale confusione. C’è addirittura chi sostiene che sia tolta la vita in una clinica psichiatrica dov’era ricoverata per depressione.
Sicuramente, lo dico da persona che ben conosce la patologia, chi arriva ad un gesto estremo come togliersi la vita, qualcosa a che fare con la depressione deve averla, per quanto ben dissimulata, come nel caso di Alessandra Appiano (https://www.danilasantagata.it/depressione-quanto-possibile-fingere-tiziana-cantone-viva/).
E non so se sorridere o amareggiarmi di fronte alle reazioni di varie amiche della scrittrice, appartenenti al mondo della tv, che si chiedono, sgomente: ma perché? Forse perché la notorietà ed i successi professionali non bastano a colmare il vuoto di una patologia che devasta ogni cellula del corpo, oltre che del cervello? Forse perché, per dirla con Boris Pasternak, non esattamente l’ultimo degli ignoranti, “il sistema nervoso non è un vuoto suono o un’invenzione. La nostra anima occupa un posto nello spazio e sta dentro di noi come i denti nella bocca. Non si può impunemente violentarla all’infinito”? Forse perché, care signore, “dive” di una tv sempre più lontana dalla realtà, il successo non conta per tutti alla stessa maniera?
E, soprattutto, nei confronti di una patologia seria (https://www.danilasantagata.it/depressione-loms-lancia-allarme-delle-cause-principali-disabilita-nel-mondo/), fama e successo possono molto poco; basti pensare a figure di enorme spessore, oltre che note, quali Indro Montanelli, o Vittorio Gassman, vittime perenni della depressione.
“Per la prima volta in vita mia getto la spugna su un impegno di lavoro. Vuol dire che devo prendere atto di essere troppo stanca. E che devo prendermi cura di me e volermi bene anche da negazione della wonder woman. Un abbraccio a tutti gli esseri umani che si sentono fragili in questo periodo…” scriveva a fine aprile su Facebook Alessandra, in un post che appare più eloquente di qualunque esternazione.
Charles Bukowski scriveva: Non chiediamo di essere felici, semplicemente vorremmo provare un po’ meno dolore. Alessandra, a provare meno dolore, evidentemente non ce l’ha fatta e ci uniamo a tutti i suoi cari nel dolore.
Ma uscire dalla depressione, o semplicemente controllarla, sopportarla, si può (https://www.danilasantagata.it/depressione-strategie-vincerla/) ed ognuno di noi avrebbe il dovere di farlo, anche solo per rispetto nei confronti delle persone che ci amano.
Intanto, diciamo ad Alessandra buon viaggio e speriamo che trovi la possibilità di prendersi cura di sé, impresa che in terra, probabilmente, non le è riuscita…
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