Anoressia, guarire si può: ecco come
7 Febbraio 2016Leggo, con grande rammarico e, devo dire, un certo stupore, la storia di Francesca Foschi, riportata dall’Huffington Post. Francesca, 19 anni, è morta, non riuscendo a sconfiggere l’anoressia. Una malattia subdola, che, dopo averla portata a pesare 34 chili, se l’è letteralmente divorata.
Il mio stupore è dovuto al fatto che si possa ancora morire di una patologia che, trattata nel giusto modo, è guaribile, anche definitivamente. Purtroppo mi consta personalmente. Ho avuto un episodio di anoressia nervosa attorno ai trent’anni. Ne parlo anche dettagliatamente nel mio primo romanzo, “Dal suo punto di vista”. Avere il controllo sul peso mi faceva sentire meglio, sentire le ossa sempre più sporgenti mi dava forza, tanto da arrivare a pesare circa 39 chili e a non avere il ciclo mestruale per 5 anni.
Come ne sono uscita
L’anoressia non è una malattia del fisico, è la somatizzazione di un disagio interiore. Con tutto il rispetto nei confronti degli istituti come centro Gruber di Bologna, dove Francesca ha tentato di aggrapparsi alla vita, personalmente diffido molto dai metodi adottati da questo tipo di istituti per affrontare la malattia: il controllo quotidiano del peso o di quello che le pazienti o i pazienti riescono ad ingerire quotidianamente.
La mia uscita da quel tunnel è stata tanto graduale, quanto faticosa e devo tutto al mio psicoterapeuta, dott. Paolo Maselli, psichiatra e psicoterapeuta cognitivo post razionalista. Non mi ha mai chiesto il peso, cosa mangiassi, se ingerissi lassativi o diuretici. Affrontavamo, insieme, il mio dolore, il disagio interiore che mi portava a quei comportamenti alimentari sbagliati, che, pian piano che le ferite interiori venivano individuate e rimarginate, sono tornati alla totale normalità. Ora sono una donna in piana salute. Ecco perché mi rammarico infinitamente nel sentire che le persone muoiono ancora di questo male, per il fatto che se ne può uscire, si può guarire. Io ne sono la dimostrazione vivente.
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