Gli appuntamenti con il destino di Danila S. Santagata
9 Gennaio 2010La difficile uscita dal male oscuro e il ritrovato gusto di vivere
Il risveglio. La sveglia che suona. Il telefono che squilla. Le porte che si dischiudono. Queste sono le aperture alla vita, finestre riflesse nelle pieghe più cupe, che caratterizzano i diciassette capitoli del romanzo di Danila S. Santagata, figlia d’arte, “Dal suo punto di vista”. Sono gli appuntamenti dei sentimenti col destino. Non è un diario perché se lo fosse ci sarebbe di mezzo la noia dei passi che si misurano, dei pesi che si portano, degli inframezzi gioiosi, dei bilanci che si distillano in susseguirsi di cadute e rialzate. Non è neppure un esercizio mnemonico che seleziona il flashback del proprio vissuto che, però, viene rielaborato – e qui affiora il senso di quest’opera – dalla scrittura fluida e nitida, quasi come una terapia subliminale.
Le date che aprono i capitoli si rincorrono perché il racconto, spezzato ma non disperso, si pone su due livelli: il primo stilistico e descrittivo, che prospetta la maturità narrativa della giovane esordiente; il secondo di scavo profondo del proprio interno.
L’incipit del romanzo porta il dolore del compendio esistenziale. Il congedo dalla persona sbagliata a cui dedica il disimpegno dell’anima mentre si conserva la neutralità delle convenzioni che persone civili mantengono anche nell’ora dell’epilogo. Quando il tramonto cala sui sentimenti che si credettero appagati.
Sembra, più semplicemente ma anche più intensamente un romanzo dei sentimenti osservati ancor prima che i vissuti che l’autrice puntella con i personaggi degli affetti più intimi, con il paradigma professionale, più matrigno che materno. L’autrice descrive incontri, luoghi, attese, intimi trasporti e distaccate esperienze professionali puntellando il filo narrativo con intramezzi intimistici che non distraggono la lettura dal più innocente piacere di scoprire cosa sveli la pagina successiva. E’ un rimbalzare di specchi, talvolta deformi, talaltro ingannevoli, dentro cui il male del secolo, la depressione, vince e perde perché c’è sempre una spinta misteriosa a ricacciarla negli abissi del mistero.
“Uno dei pochi aspetti positivi della depressione – scrive a pagina 95 la Santagata – è che quando se ne esce, si riscopre ogni cosa come la si vedesse per la prima volta e il gusto della natura, dei sapori, degli odori di tutti i giorni appare amplificato, come forse le persone sane di mente non potranno mai capire”. Il romanzo visto nel suo insieme è una storia d’amore declinata verso l’amato, poi svelatosi infingardo, verso la famiglia che mai tradisce, la professione giornalistica, quest’ultima, date le circostanze, tanto avara da derubricarla in mestiere. Una storia d’amore tout court, in cui ogni piega ha la sua profezia.
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