Covid-19. “Nemesi”, l’epidemia raccontata da Philip Roth
17 Dicembre 2020Covid-19.“Erano gli spaventosi numeri che certificavano l’avanzata di un’orribile malattia e che, nelle sedici circoscrizioni di Newark, equivalevano ai numeri dei morti, feriti e dispersi della vera guerra. Perché anche quella era una vera guerra, una guerra di annientamento, distruzione, massacro e dannazione, una guerra con tutti i mali della guerra”. È l’incipit di “Nemesi”, un libro di appena centottanta pagine del genio della letteratura internazionale, mancato premio Nobel, Philip Roth. Già da qui si comprende quanto il racconto sia senza un combattimento privo di vincitori, un’evasione che va dritta verso il fallimento. Certo, non per questo smettiamo di leggerlo. La buona letteratura è quella che ci fa riflettere sui mali del mondo, sui conflitti, esteriori ed ancor più interiori, non certo quella la cui prosa scorre lieta verso il bel finale.
Nemesi, in vocabolario Treccani: personificazione nella mitologia greca e latina della giustizia distributiva, e perciò punitrice di quanto, eccedendo la giusta misura, turba l’ordine dell’universo. Con uso figurato, espressione riferita ad avvenimenti storici che sembrano quasi riparare o vendicare sui discendenti antiche ingiustizie o colpe di uomini e nazioni. Talvolta anche col significato generico di punizione o vendetta, con carattere di ineluttabile fatalità.
Non mancano, infatti, in queste pagine di sublime letteratura, gli appelli a un Dio superiore, la domanda chiave: «Si Deus est, unde malum?», forse l’unico interrogativo ossessivo, riproposto sotto diverse forme, è unicamente questo.
Mr Cantor, il protagonista, interroga continuamente una divinità che si ostina a non dare risposte, mette sotto processo il proprio subconscio sino a uscirne devastato . L’epidemia improvvisamente mette in discussione ogni cosa. Fanno da sfondo al racconto il suono lugubre delle ambulanze, uno strillo acuto, simile al grido di una sirena, un presagio di morte. “A Newark respirare il soffio della vita era un’attività pericolosa: facevi un respiro profondo e potevi restarci secco”.
Automatico fare il paragone con quanto stiamo vivendo, con questo maledetto 2020, nel quale la diffidenza tra persone per la strada è solo l’elemento meno drammatico.
Il finale mancante di “Nemesi” è che un giorno non troppo lontano il vaccino anti polio salvò molti bambini e le persone con il passare degli anni iniziarono a pensare alle epidemie come a qualcosa di appartenente al passato, un’entità molto lontana e non più pericolosa.
Sarebbe bello che accadesse anche oggi…
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