Depresso non significa perdente
18 Marzo 2016Tra i pregiudizi che circondano la depressione, c’è quello che chi soffre di questo male sia un perdente. Qualche settimana fa, durante una conversazione con un amico di grande intelligenza, ad un certo punto mi ha chiesto: com’è, cosa si prova quando si è depressi?
La mia prima reazione è stata la gioia nei suoi confronti, come nei confronti di chiunque non abbia mai conosciuto quello stato di prostrazione, impotenza, disperazione e molto altro, che la depressione porta. Poi ho tentato di spiegargli, come ho fatto diverse volte per iscritto, ma mi sono resa conto che non se ne può dare neanche una vaga idea. Se non ci si passa, non la si capisce, al punto che questo amico, sottolineo persona colta e di mente importante, mi ha detto: Eppure non si direbbe, non sei una persona perdente, anzi…
Non mi ritengo una perdente, penso, anzi, di avere una forza sovrumana per essere riuscita a sopportare il mostro, dentro e attorno, il mostro che non lascia via d’uscita e che ti obnubila il cervello.
Non credo che Vittorio Gassman fosse un perdente, così come non lo era Indro Montanelli. Eppure entrambi vittime della depressione. Riporto di seguito alcuni versi di Gassman, scritti probabilmente in crisi depressiva, sperando di aiutare chi soffre di questo orrendo male e soprattutto di convincerli che essere depressi non ha nulla a che vedere con l’essere perdenti.
A Dio
Sempre te chiamo
quando tocco il fondo, so il numero a memoria
e ti disturbo
come un maniaco
abbarbicato al telefono;
lascio un messaggio
se sei fuori. Perdona
Perdonami di tutto
So che a volte cancelli
a qualche fortunato
il debito che tutti
con te abbiamo
La bolletta falla pagare
a me, ma dimmi almeno
che non farai tagliare
la mia linea: ti prego,
quando echeggerà
quell’ultimo e dolorante
squillo, Dio – per Dio! –
non staccare: rispondimi!
Vittorio Gassman
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