Diciassette giorni di vita e di morte
17 Gennaio 2015Da “Una finestra sul mondo”
(Un assaggio)
Non so ancora che sarà dell’esserino. E di me. Già, perché da quando ho saputo della sua esistenza, ogni cosa nella mia vita dipende da lui. Non passa istante che non pensi a come sta, se è cresciuto, se c’è ancora o se, invece, se n’è tornato indietro, facendo quella che temo sarebbe la scelta migliore.
Questo non è un bel posto, è una specie di tritacarne, un circo dove si nasce e si muore a velocità supersonica, un frigorifero che da un momento all’altro smette di funzionare e ti fa andare a male, un ridicolo palcoscenico dove la gente si esibisce inseguendo sciocchezze e le persone, sempre più spesso quelle migliori, escono di scena troppo presto. Questo vortice maledetto non ti dà il tempo di abituarti all’idea della loro assenza, perché c’è un qualcosa di mostruoso che non guarda in faccia nessuno, di punto in bianco prende di mira le persone e inizia ad ingraziarsele, fino ad annientarle. Con zio Dino è stato così. La puttana si è presentata in sordina, facendosi annunciare da una diagnosi medica tardiva. Ha iniziato a farsi spazio nella nostra famiglia, senza chiedere permesso. Non lo avrebbe mai avuto, non da noi. Ma lei ce l’ha fatta ugualmente. Piano piano, la stronza, serpeggiando con la sua schifosa viscidezza, alla fine era diventata la compagna costante di zio Dino. Perché glielo si leggeva negli occhi che la portava sulle spalle, sapendo bene che dopo poco lei lo avrebbe risucchiato a sé…
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