Laura decide di morire, non sopporta più la depressione. I medici dicono sì
26 Luglio 2015Laura decide di morire. Non è uno storpiamento del titolo del romanzo di Paulo Coelho, bellissimo, per altro, uno dei primi, quando ancora lo scrittore non si era fatto incastrare nel tritacarne della scrittura come commercio e, dunque, della quantità di materiale da produrre, molto spesso, a mio, parere, nel suo caso, non sentito e del tutto superfluo alla letteratura. Veronica, giovane donna con grossi problemi della sfera affettiva, programma il suo suicidio e, dopo aver fallito, dopo il ricovero in una clinica psichiatrica, dopo la notizia di un male che l’avrebbe uccisa, il ritorno alla vita, cui si aggrappa con le unghie e con i denti.
Questa di Laura, così l’hanno chiamata i giornali, è una storia non troppo dissimile per alcuni aspetti. Ventiquattro anni, belga, autolesionista, affetta da una grave depressione, ha tentato il suicidio più volte. Famiglia disagiata alle spalle, padre alcolista.
Non intendo certo ergermi a giudice di situazioni così complesse e delicate al tempo stesso. Essendo, pero, purtroppo, profonda conoscitrice del problema depressione, leggo ed apprendo, con stupore, incredulità, perplessità estrema, la notizia che Laura, dopo aver chiesto che le venga praticata l’eutanasia, ha avuto il benestare dei medici.
Molto presto, non si sa ancora quando, questa giovane donna non ci sarà più. Naturalmente da questa storia è nato un caso, se ne discute, se ne scrive, qualcuno sostiene sia giusto rispettare la sua decisione.
Ben lontana dall’essere contraria all’eutanasia e convinta che in nulla ci sia da stabilire se è giusto o sbagliato, mi appare francamente una scelta affrettata da parte dei medici. Rimango perplessa, per non dire sgomenta, di fronte, sia ben chiaro, non alla resa di Laura, perché la depressione provoca sensazioni e sofferenze che dire atroci vuol dire esser troppo teneri, ma a quella dei medici.
Di cure, per il male del secolo, ce ne sono tante. Certo, è un campo ancora in parte poco conosciuto anche dai maggiori esperti in materia, ma si potrebbe tentare. Farmaci, psicoterapia, sono infiniti i tentativi che andrebbero fatti prima di mettere un punto alla vita di una ragazza di soli ventiquattro anni.
Senza voler apparire presuntuosa, ma ribadendo che sono un’esperta nel campo, non posso non pensare alla possibilità che una nuova cura possa darle pace, che un cambiamento nella sua vita, possa restituirle la voglia di rimanere su questa terra. Potrebbe guarire anche nel giro di pochi giorni, col supporto medico giusto e con un po’ di fortuna negli eventi esterni della vita.
Laura non deve morire. Non ancora, almeno.
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