Campagna vaccinale. Un vaccino per l’anima
27 Marzo 2021Ad una prima lettura, il racconto che pubblico di seguito, “Storia di Alma”, che fa parte della mia ultima fatica letteraria, “Qualcosa di superiore”, potrebbe sembrare colorirsi di dramma. Il messaggio che ha, in realtà, è un inno alla vita, a schermarsi da ogni sentimento negativo.
Storia di Alma
Mi chiamo Alma, ho trentasette anni. Sono una moglie e una mamma e voglio raccontarvi la mia storia. È una storia lieta, la mia, ritengo di aver avuto dalla vita tutto quanto desiderassi.
Due bellissime bambine, Michela, di quattro anni e Alba, di quasi quattro mesi. Un marito affettuoso, premuroso e rispettoso, che amo più della mia stessa vita. L’ho conosciuto quando avevo abbandonato l’idea di sposarmi o anche solo di condividere la vita con un uomo.
Poi è stata tutta una discesa. Avevo tanto e tale desiderio di dividere il mio tempo con lui, che sono stata io a chiedergli di sposarmi. Ha detto subito di sì. Ho una laurea in architettura e una specializzazione in arredo d’interni, ma non ho mai esercitato la professione. Ho scelto di fare la mamma. Abbiamo una bella casa con giardino, piena di luce e belle cose, pezzi d’epoca in un contesto classico.
Vivo, adesso, su un’isola dove il sole rimane splendente e caldo anche all’ora del tramonto e si dà tutte le volte a quell’ora la mano con la chiara, sempre piena, permettendo al cielo di rimanere sempre luminoso. Non è mai buio, sull’isola. La luce è sempre prodigiosamente limpida. Non piove mai, sull’isola. Il clima è dolcemente e costantemente mite.
I prati sono distese enormi, che si interrompono sulla linea dove inizia il mare, un mare calmo da sembrare lago, azzurro vivo, come il cielo. Qua e là sorgono alberi fioriti, tutto l’anno, non si spogliano mai. Il rosa dei peschi, si unisce al bianco crema dei mandorli, fino al viola dei glicini. La vista è simile a un arcobaleno. Ci si sta magnificamente qui, sull’isola. Sono in compagnia di mio padre, più che altro. Facciamo ciò che siamo abituati a fare. Un bicchiere di vino con una sigaretta, mentre discutiamo di politica. A volte facciamo lunghe passeggiate, rimanendo in silenzio, entrambi. Ed entrambi sappiamo che il cervello dell’altro cammina più veloce delle nostre gambe.
E poi c’è zia Anna, con la sua frizzante allegria e le mani sante in cucina. Ci prepara pranzi deliziosi. Le tavolate sono via via più ampie e l’allegria e l’armonia sempre maggiori. Sull’isola, i piatti, una volta usati, si rimettono a posto. Non c’è bisogno di lavarli. Zio Aldo rimane il mio compagno di bevute preferito. Il vino è di una prelibatezza senza eguali e non dà alla testa, non fa male al fegato, non abbassa i riflessi. Quanto all’allegria, non ce ne sarebbe bisogno, perché sull’isola l’umore è sempre misuratamente alto. Tutti gli affanni, le smanie, i sensi di colpa per non aver proseguito, anzi mai iniziato, una carriera che sarebbe potuta essere redditizia, si sono placati, insieme con me, insieme con l’amarezza di dover lasciare la mia famiglia. La serenità ha prepotentemente preso il sopravvento e ora sono in pace con me stessa. Con mio marito e le mie figlie non ci parlo, ma li seguo quotidianamente nelle loro attività e li ascolto, quando mi chiamano. Di loro so tutto, leggo nei loro pensieri. Le mie bambine crescono magnificamente, molto spesso è mia madre a prendersi cura di loro. Mio marito, quando non lavora, sta in compagnia di una donna che conosce da circa tre anni. Una donna bellissima, intelligente, un ottimo medico. Le dice di amarla ed è vero. Le dice che avrebbe desiderato conoscerla prima di conoscere me, per poterla sposare ed è vero. Vive in sua venerazione e anche questo lo fa da circa tre anni. Non fosse perché sull’isola ogni sentimento negativo viene automaticamente annullato, soffocato o più spesso convertito in energia positiva, ora lo odierei. Tornava a casa come il più fedele dei mariti, mentre amava un’altra donna, con cui si era costruito un’esistenza parallela. Ama tutt’ora
questa donna e non ha mai amato me. Ma non fa male. Penso a come, a volte, la mente umana si produca in contorti meccanismi, che vanno dalla gelosia alla possessività, rendendo l’esistenza
un’esperienza complicata ancora più di quanto non lo sia per sua natura. La logica umana, quella stessa che porta ad avere brama di denaro e potere, talora si concentra sui rapporti personali, distorcendoli e facendone qualcosa che è il loro opposto. Il bene che si vuole a qualcuno prende direzioni oblique e curve pericolose, così da fare in modo che il più nobile dei sentimenti umani generi le più sciatte sensazioni e un affanno che cozza per sua natura con ciò da cui viene generato. Spesso penso che sarebbe interessante poter vivere due volte. E chissà che ciò non sia possibile. Questo ancora non so dirlo.
Mi chiamo Alma, ho trentasette anni, sono una moglie, una madre e soprattutto sono una donna. Sono morta tre mesi fa. Ringrazio il cielo per avermi chiamata quassù. L’isola mi ha fatto comprendere il senso dell’esistenza umana.
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