Mafia, Di Matteo: Dobbiamo resistere a ciò cui ci stiamo rassegnando
7 Dicembre 2015Mafia, metodo mafioso, mentalità mafiosa: chiamiamola pure come vogliamo, ma è quello cui “ci stiamo rassegnando”, secondo Nino Di Matteo.
Il pm antimafia, durante la presentazione del libro “Collusi”, scritto in collaborazione con Salvo Palazzolo, all’Università degli Studi dell’Insubria di Varese, si è mostrato estremamente pessimista nei confronti di un “quadro legislativo in vigore” che “garantisce ai collusi, ai criminali dal colletto bianco e ai facinorosi delle classi più ricche spazi troppo ampi di sostanziale impunità, in particolare attraverso il sistema della prescrizione”.
Più che pessimista, secondo chi scrive Nino Di Matteo è stato estremamente realista, aggiungendo che “La politica ha fatto cento passi indietro e ha lasciato esposta la magistratura”.
Basti pensare alle reticenze dell’ex capo di Stato, Giorgio Napolitano, a testimoniare al processo sulla trattativa Stato-Mafia e, ultimamente, ad un altro processo d’importanza non inferiore, che cerca di far luce sulla uccisione del giudice Borsellino.
Basti pensare al silenzio delle istituzioni sulle minacce subite dallo stesso Di Matteo, e non da chicchessia, ma da Totò Riina in persona: minacce registrate, le cui parole fanno rabbrividire, parole che chiunque può sentire con le proprie orecchie.
Basti pensare che pochi giorni fa la Corte d’Appello di Messina ha disposto la scarcerazione di Rosario Pio Cattafi, detenuto in regime di 41 Bis dal 24 luglio del 2012, quando fu arrestato con l’accusa di essere il capo della mafia di Barcellona Pozzo di Gotto, anello di congiunzione con i clan di Catania e Palermo.
Basti pensare all’insabbiamento, richiesto dai piani alti dello Stato, di una serie di crimini di mafia, che quasi fanno udire la voce di chi, oltre ad essere stato ucciso, non ha avuto giustizia, per non dire delle famiglie di queste vittime che la giustizia ha lasciato in una sorta di limbo e che non non hanno modo di darsi pace.
Ci sarebbe da scappare da questa nostra bella Italia, devastata dalla corruzione, dalla collusione tra mafia e la gran parte dei settori che contano nel Paese.
Ma scappare sarebbe da vigliacchi. “Abbiamo tutti il dovere – invece, come ha detto Di Matteo – di portare avanti una guerra di resistenza alla normalità del metodo mafioso”.
E questa guerra, se siamo in tanti e certo pochi non siamo, la vinceremo, presto o tardi che sia, riporteremo l’Italia allo stato di legalità, pulizia, trasparenza, che una democrazia degna di esser definita tale deve avere come certezza.
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