Santo Stefano e l’ipocrisia del mondo in cui viviamo
26 Dicembre 2015Santo Stefano. L’etimologia del nome proviene dal greco “corona”, dunque incoronato. Fu il primo martire cristiano e questo è il motivo per cui la sua celebrazione avviene nel giorno successivo a quella di Gesù.
Fu arrestato nel periodo dopo la Pentecoste, e morì lapidato. In lui si realizza in modo esemplare la figura del martire come imitatore di Cristo; egli contempla la gloria del Risorto, ne proclama la divinità, gli affida il suo spirito, perdona ai suoi uccisori.
Certo, in un momento storico come quello che stiamo vivendo, sembrano le parole di una favola, di una bella favola per bambini. Martirio, perdono, spirito, termini ormai quasi fuori uso, persi nei meandri delle guerre sparse per il mondo, degli egoismi personali, della ricerca spasmodica della potenza e della ricchezza materiale.
Come possiamo, degnamente, rendere omaggio ad una persona che, al di là della fede cattolica, che può esserci o non esserci, ha sacrificato la propria vita per gli altri? Come, noi che restiamo indifferenti di fronte alla morte di sei bambini, travolti dal mare, mentre festeggiavamo il Natale?
Chi scrive, come, credo, chiunque, è stata sommersa da auguri di Buon Natale. La risposta, cortese, è stata: un bacio o un abbraccio. Non trovo motivo per dire Auguri. Il Natale non esiste più, perché si sono smarriti i valori che lo rendevano una festa speciale. Così è anche per la celebrazione di Santo Stefano. Credenti o no, non abbiamo nulla da festeggiare in un giorno che utilizziamo solo per riposare dal lavoro.
Siamo in guerra, vediamo gente morire mentre cerca salvezza, siamo circondati da famiglie che non hanno da mangiare fino a fine mese e poi cosa facciamo? Festeggiamo Natale e pure Santo Stefano.
No, mi spiace, l’ipocrisia non fa parte del mio vocabolario.
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