Storia di Lara, tra depressione, coraggio e speranza
30 Luglio 2015Ricevo, tramite messaggio privato, una storia che mi arriva dritta al cuore. Storia che parla di depressione, d’infelicità, di sofferenze acute, ma anche di coraggio e di speranza. E’ per questo che ho deciso di condividerla con voi.
La persona che mi ha scritto mi ha autorizzato a farlo, chiedendomi, però, di mantenere l’anonimato. La chiameremo Lara. Ha iniziato con l’esprimermi ammirazione per il coraggio che ho nel raccontare il mio vissuto personale in ambito di depressione e poi ha proseguito, facendomi venire la pelle d’oca, raccontando.
“Ho sempre desiderato – dice – poter fare qualcosa per illuminare il cammino di chi soffre di questo terribile male. E’ un desiderio nato quando, adolescente, ho visto mia nonna morire a 67 anni perché non era riuscita a reagire e a sconfiggerlo. Volevo fare chissà cosa e invece sono stata malissimo quando se n’è andata. Non capivo che anche un minimo sorriso che riuscivo a strapparle era un piccolo miracolo. Non accettavo di non poterla più rivedere come era una volta e non capivo che quello che lei voleva era essere accettata”.
Già in queste poche parole ho trovato un mondo. Lara, allora circa quattordici anni, che si sente impotente di fronte alle sofferenze di una nonna che se ne va, prematuramente, a causa di una depressione contro cui nulla può. Il rimorso di quell’adolescente, oggi donna, per non aver compreso ciò che quasi nessuno capisce: la difficoltà del malato nel raffronto con gli altri. La velenosità di questa malattia, che noi diretti interessati, il più delle volte, non accettiamo ed allo stesso modo ci induce a pensare di essere di peso agli altri.
Lara, com’era ampiamente prevedibile, tra la somatizzazione di tutto quel dolore e dei sensi di colpa e la familiarità, che, in fatto di depressione, è quasi sempre determinante, dopo pochi mesi dalla morte di sua nonna, inizia a vedere con i suoi occhi l’infero in terra. “Ho vissuto – dice – un’intera settimana in cui non sentivo contatto con la realtà e non riuscivo a spiegarmi cosa mi stesse accadendo ed avevo il costante presentimento e il terrore che sarei morta da un momento all’altro. Non ne parlai con nessuno. “Dopo 10 anni – prosegue – iniziai a soffrire di attacchi di panico”. Scusa se posso apparirti presuntuosa, Lara, ma credo che ciò che ti accadeva dieci anni prima altro non era se non attacchi di panico.
Non aveva un buon rapporto con i genitori, Lara “La loro visione della realtà è sempre stata legata alle apparenze” dice. Così, dopo otto mesi di psicoterapia, supportata da cure farmacologiche, Lara decide di andar via di casa. Ma i fantasmi non vanno via se scappi, sostiene Lara e, dunque, la malattia si ripresentò. Io ritengo che la malattia, che sia sotto forma di attacchi di panico, depressione, anoressia, bulimia, alcolismo, o altro, questo poco importa, la malattia di cui stiamo parlando, in determinate forme, sia cronica. Va curata, quindi, costantemente.
Lara dice meraviglie della sua prima psicoterapeuta, che, ora, sostiene esserle amica, perché l’ha accettata, così come si è accettata lei stessa. Penso che per un terapeuta non sia poi così complicato accettare una personalità che racchiude in sé gli argomenti dei propri studi. Credo, invece, che Lara abbia il diritto di essere accettata da chiunque, di avere amici reali, oltre ad essere fortemente felice per lei, che dice di amarsi così com’è. Questo è un primo, fondamentale, passo.
Lara ora ha circa trentacinque anni. Continua a combattere con quella che io chiamo il mostro, ha fiducia nel fatto di poterlo sconfiggere. E’ una donna che mi ha positivamente sorpreso per la profondità di pensiero e l’intelligenza. Spero che questa storia possa aiutare qualcuno, tra i milioni che sono afflitti dallo stesso male.
Non è la prima volta che mi capita di ricevere messaggi privati sull’argomento. Questo è ciò che mi rende maggiormente perplessa. Il pregiudizio, la paura di esser presi per matti o, comunque, giudicati. Ma non siamo assassini, non siamo depravati, non siamo criminali, siamo semplicemente persone con una psiche “diversa” rispetto a quella degli altri. Uniamoci, lo dice anche Lara. Ce la faremo.
Concludo con una riflessione. Se e quando Lara vorrà dichiarare la propria identità, dico Lara per non dire tutti gli altri che mi hanno scritto in privato, io arriverò a pensare di esser riuscita a fare qualcosa di veramente buono nella vita.
Acquista il mio libro: Qualcosa di Superiore