“Dal suo punto di vista” di Danila S. Santagata – Gazzetta del Sud
22 Agosto 2010Da Gazzetta del Sud Domenica 22 agosto 2010
Di Francesco Kostner
Se Danila S. Santagata, autrice del romanzo “Dal suo punto di vista”, voleva raccontarci una bella storia, come poche volte capita di leggerne in giro, beh, può tirare un sospiro di sollievo perché ha pienamente centrato l’obiettivo. E se, come è probabile, aspetta di conoscere con quanta abilità, agli occhi di chi ha letto il suo lavoro, se l’è cavata in mezzo a questioni e problemi di grande delicatezza e portata (dalla depressione, ai rapporti di coppia, alla scelta se tenere o meno un bambino, alla precarietà del lavoro), la risposta è che Danila è riuscita a realizzare un piccolo capolavoro. Tirando fuori dal cilindro delle sue – riteniamo notevoli – capacità di scrittrice, un pezzo appassionante di primissima fattura, che la colloca tra le presenze letterarie più interessanti degli ultimi anni. “Dal suo punto di vista” è un romanzo non solo gradevole, ma di forte presa emotiva, che ha la capacità di proiettare lo sguardo del lettore attraverso le molteplici esperienze che segnano la protagonista, Laura, una giornalista calabrese che riuscirà faticosamente a ritrovare le energie e gli stimoli giusti per ritrovare il suo cammino.
La bellezza e la particolarità di questo romanzo, a nostro parere, si misura non soltanto attraverso il profilo chiaramente soggettivo delle esperienze narrate, ma per l’insieme di un’operazione letteraria attraverso cui vengono messe a fuoco complesse questioni di stringente attualità, rispetto alle quali l’autrice sembra sollecitare una presa di coscienza collettiva.
Sì, certo, colpisce e cattura l’attenzione il travaglio di Laura per la scelta dolorosa d’interrompere una gravidanza che avrebbe potuto rappresentare il punto d’inizio di una nuova vita, sospesa, fino a quel momento, tra delusioni professionali e incerti ondeggiamenti psico-fisici. Ed è effettivamente coinvolgente il filo della narrazione alla quale Laura affida il compito di mostrare i diversi volti di una quotidianità che sembra non volerle assicurare ciò di cui ha bisogno. Così come, ancora, fa riflettere lo stato di sostanziale necrosi nel quale finisce il rapporto con Lorenzo, il compagno di Laura, che, gradualmente, rivela un’autocentralità valutativa ed un egoismo a tal punto esasperati da soffocare il senso stesso del rapporto tra i due. Ma, si ripete, sono l’impalcatura complessiva del romanzo e i suoi marcati tratti distintivi: di carattere umano, psicologico, motivazionale, sociale, a tenere il lettore incatenato ad una trama avvincente come poche e rivolta pedagogicamente verso il mondo.
L’immagine forse più forte del romanzo, quella che vede Laura nel letto dell’ospedale dopo l’aborto, va oltre la pur sofferta dimensione personale della protagonista, assumendo, a nostro avviso, un valore universale. E se, indubbiamente, è molto bello e presenta una connotazione quasi paradisiaca, il finale del romanzo, in cui Laura, nella calda dimensione familiare, fa i conti, finalmente nella direzione giusta, con quello che le è mancato, cioè il momento della maternità, riflessa nella gioia della sorella, che ha dato alla luce una splendida bambina, prevale la consapevolezza – ormai punto fermo – della “nuova” identità di Laura – di dover affrontare i momenti più difficili della vita proiettando lo sguardo oltre l’immediatezza e la viscosità delle vicende quotidiane. Ascoltando il cuore. Il sincero consiglio di persone disinteressate. Con la serenità d’animo, il senso di responsabilità e la consapevolezza che, per esempio, sono alla radice del legame meraviglioso, senza possibili confronti, che la natura stabilisce tra una madre e il figlio. Laura sperimenta in maniera non meno traumatica e negativa anche l’impatto con la depressione, che ne condizionerà lungamente l’esistenza, accentuando quello sbilanciamento caratteriale e quella tendenza che la sua personalità rivela, a trasformare le “esternalità” del mondo con cui è chiamata a confrontarsi in potenziali fattori di destabilizzazione emotiva. Anche in questo caso Laura viene condotta con abilità nei meandri di questa malattia e lungo il filo sottilissimo oltre il quale il senso stesso della vita può perdersi facilmente. Fino a farla precipitare. Ma il suo, ormai, fortunatamente, è un campo di osservazione lontano, distante, senza più i timori e le paure di un tempo; una realtà, tuttavia, sempre saggiamente tenuta d’occhio, appunto perché conosciuta e scrutata da vicino. Come quegli avversari di cui si è imparato sulla propria pelle a valutare con accuratezza apparenti rinunce, momentanei indietreggiamenti, e che sono in grado, inaspettatamente, di scatenare nuovamente l’inferno. E’ così che, tra devastanti sensi di colpa, l’anoressia, il supporto medico che l’aiuta a scavare nella profondità del suo malessere, arriva il grande momento della rinascita di Laura. Salpata molto tempo prima a bordo di una nave traballante ed inospitale, alla ricerca di una meta sicura e protettiva, e ora arrivata a destinazione. Certa di aver lasciato dietro di sé l’indeterminata e ostile visione del mondo in cui era stata costretta a lungo, e di desiderare, come mai prima, uno spazio, per quanto piccolo, che le consenta di esprimere, senza limiti, la grande voglia di vivere che ormai ha preso il sopravvento.
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